Ricorso ex art. 127 della  Costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex    lege
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  presso  i  cui   uffici   e'
domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12; 
    Contro la  Regione  Siciliana,  in  persona  del  Presidente  pro
tempore, con sede in piazza Indipendenza, 21 - 90129 Palermo, per  la
declaratoria di  illegittimita'  costituzionale  degli  articoli:  2,
commi 7 e 8; 8; 13, commi l e 2; 15 commi 3 e  4  e  22  della  legge
Regione Sicilia n. 17 del 16  ottobre  2019,  come  da  delibera  del
Consiglio dei ministri in data 12 dicembre 2019. 
    Nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana  n.  47  del  18
ottobre 2019 (n. 44), e'  stata  pubblicata  la  legge  regionale  16
ottobre 2019, n. 17 recante;  «Collegato  alla  legge  di  stabilita'
regionale per l'anno 2019 in materia di attivita' produttive, lavoro,
territorio  e  ambiente,  istruzione  e   formazione   professionale,
attivita' culturali, sanita'. Disposizioni varie». 
    Il Presidente del Consiglio ritiene che le disposizioni contenute
negli articoli 2, commi 7 e 8; 8; 13, commi 1 e 2; 15 commi 3 e  4  e
22  siano  illegittime  per  contrasto   con   diverse   disposizioni
costituzionali (indicate in relazione a ciascun articolo  impugnato);
pertanto propone questione di legittimita'  costituzionale  ai  sensi
dell'art. 127, comma 1, della Costituzione per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 7 ed 8 per contrasto
con l'art.  33  del  decreto  legislativo  n.  165  del  2001  (norma
interposta) e dell'art. 117 della Costituzione. 
    L'art. 2 della legge regionale n. 17 del 2019 prevede: 
Rimodulazione pianta organica dell'Istituto incremento ippico per  la
Sicilia 
    1. Le disposizioni del presente articolo disciplinano i  rapporti
di lavoro e d'impiego alle dipendenze dell'Istituto incremento ippico
per la Sicilia, tenuto conto dell'autonomia statutaria dell'Istituto,
nel rispetto dell'art. 97, primo comma, della Costituzione,  al  fine
di: 
        a)  accrescere  l'efficienza  dell'Istituto  in  relazione  a
quella dei corrispondenti uffici e servizi in  Italia  e  nell'Unione
europea; 
        b) razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la
spesa complessiva per il personale, diretta  ed  indiretta,  entro  i
vincoli di finanza pubblica; 
        c) realizzare la migliore utilizzazione delle  risorse  umane
nelle pubbliche amministrazioni. 
    2. Per le finalita' di cui al comma 1, nella seguente tabella  A,
e'  rimodulata  l'attuale  consistenza   della   dotazione   organica
dell'Istituto incremento ippico per la Sicilia in base ai  fabbisogni
e al vigente sistema di classificazione del  personale  del  comparto
non dirigenziale del Contratto collettivo regionale di  lavoro  della
Regione Siciliana  e  degli  enti  di  cui  all'art.  1  della  legge
regionale 15 maggio 2000, n. 10. 
 
                              Tabella A 
 
      
 
=====================================================================
|                     |               |  Dotazione   |    Nuova     |
|                     |               |   organica   |  dotazione   |
|      Qualifica      |Categoria CCRL |   attuale    |   organica   |
+=====================+===============+==============+==============+
|operatori            |A              |0             |12            |
+---------------------+---------------+--------------+--------------+
|collaboratori        |B              |0             |1             |
+---------------------+---------------+--------------+--------------+
|istruttori           |C              |30            |3             |
+---------------------+---------------+--------------+--------------+
|funzionari           |D              |1             |1             |
+---------------------+---------------+--------------+--------------+
|TOT.                 |               |31            |17            |
+---------------------+---------------+--------------+--------------+
 
    3.  La  consistenza  della  dotazione  organica   del   personale
appartenente al ruolo unico della dirigenza regionale e' fissata in 1
unita'. 
    4. La dotazione organica totale dell'Istituto e' di 18 unita'. 
    5. Alle eccedenze di personale di ruolo,  individuate  a  seguito
della rimodulazione della dotazione organica di cui al  comma  2,  il
dirigente responsabile dell'Istituto incremento ippico per la Sicilia
applica le procedure di cui all'art. 33 del  decreto  legislativo  30
marzo 2001, n. 165, immediatamente dopo la data di entrata in  vigore
della presente legge. 
    6. Ai fini della ricollocazione totale 0 parziale  del  personale
in  situazione  di  soprannumero  e   di   eccedenza   il   dirigente
responsabile dell'Istituto incremento ippico per  la  Sicilia  ed  il
dirigente generale del Dipartimento regionale della funzione pubblica
e del personale sono autorizzati  a  stipulare  apposito  accordo  di
mobilita' ai sensi del comma 5 dell'art. 33 del  decreto  legislativo
n. 165/2001. 
    7. L'accordo di mobilita' di cui  al  comma  6  regola  anche  la
copertura  dei  posti  risultanti  vacanti  a  seguito  della   nuova
dotazione organica. 
    8. Qualora ne ricorrano le condizioni, le eccedenze e le  carenze
di personale  scaturenti  dalla  nuova  dotazione  organica  potranno
essere regolate col ricorso all'istituto del distacco  del  personale
ai sensi dell'art. 62 del Contratto collettivo  regionale  di  lavoro
del comparto non dirigenziale della Regione Siciliana e degli enti di
cui all'articolo 1 della legge regionale n. 10/2000. 
    9. All'attuazione  del  presente  articolo  si  provvede  con  le
risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili  a  legislazione
vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. 
    L'art. 2,  recante  norme  concernenti  la  rimodulazione  pianta
organica dell'Istituto incremento ippico per la Sicilia,  si  ritiene
sia costituzionalmente illegittimo nei suoi commi 7 e 8. 
    Nel complesso, come detto, la disposizione disciplina un processo
di  rimodulazione  in  senso  riduttivo  della   dotazione   organica
dell'Istituto incremento ippico  per  la  Sicilia  e  la  conseguente
gestione delle eccedenze  secondo  le  previsioni  dell'art.  33  del
decreto  legislativo  n.  165  del   2001,   normativa   direttamente
applicabile al personale della regione e degli enti da essa  vigilati
in base all'art. 23 della legge regionale n. 10 del 2000. 
    Al comma 7, viene stabilito, in particolare, che nell'accordo  di
mobilita', previsto dal precedente comma 6, sia disciplinata anche la
copertura dei posti vacanti all'esito della riduzione della dotazione
organica. 
    Si  deve   rilevare,   in   via   generale,   principalmente   la
controtendenza della previsione rispetto alle finalita' dell'accordo. 
    La  norma,   infatti,   appare   orientata   ad   assicurare   la
ricollocazione del personale eccedentario e non la copertura di posti
vacanti. 
    Si ritiene che le norme in esame violino i principi contenuti nel
decreto legislativo n. 165 del 2001,  che  si  atteggia  quale  norma
interposta, in particolare con l'art.  33,  comma  5,  contrasta  con
l'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione, che riserva  alla
competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento  civile  e,  quindi  i
rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile, tra i quali
certamente la materia del rapporto  di  impiego  privatizzato  e  dei
contratti collettivi. 
    Prevede, infatti, l'art. 33 del decreto legislativo  n.  165  del
2001: 
        «1. Le pubbliche  amministrazioni  che  hanno  situazioni  di
soprannumero o rilevino comunque eccedenze di personale, in relazione
alle esigenze funzionali o alla situazione finanziaria, anche in sede
di ricognizione annuale prevista dall'art. 6, comma 1, terzo e quarto
periodo, sono tenute ad osservare le procedure previste dal  presente
articolo  dandone  immediata  comunicazione  al  Dipartimento   della
funzione pubblica. 
        2.  Le  amministrazioni  pubbliche  che  non  adempiono  alla
ricognizione annuale  di  cui  al  comma  1  non  possono  effettuare
assunzioni o instaurare rapporti di lavoro con qualunque tipologia di
contratto pena la nullita' degli atti posti in essere. 
        3. La mancata attivazione delle procedure di cui al  presente
articolo da parte del dirigente responsabile e'  valutabile  ai  fini
della responsabilita' disciplinare. 
        4. Nei casi previsti dal comma 1  del  presente  articolo  il
dirigente  responsabile  deve  dare  un'informativa  preventiva  alle
rappresentanze unitarie del personale e alle organizzazioni sindacali
firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto o area. 
        5. Trascorsi dieci giorni dalla comunicazione di cui al comma
4, l'amministrazione applica l'art. 72, comma 11,  del  decreto-legge
25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge  6
agosto 2008, n. 133, in subordine, verifica la ricollocazione  totale
o parziale del personale in situazione di soprannumero o di eccedenza
nell'ambito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a
forme flessibili di gestione del tempo di lavoro  o  a  contratti  di
solidarieta', ovvero presso altre amministrazioni, previo accordo con
le stesse, comprese nell'ambito della regione tenuto anche  conto  di
quanto previsto dall'art. 1, comma 29, del  decreto-legge  13  agosto
2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre
2011, n. 148, nonche' del comma 6. 
        6. I Contratti collettivi nazionali possono stabilire criteri
generali   e   procedure   per   consentire,   tenuto   conto   delle
caratteristiche  del  comparto,  la  gestione  delle   eccedenze   di
personale attraverso il passaggio diretto ad altre amministrazioni al
di  fuori  del  territorio   regionale   che,   in   relazione   alla
distribuzione territoriale delle amministrazioni  o  alla  situazione
del mercato  del  lavoro,  sia  stabilito  dai  contratti  collettivi
nazionali. Si applicano le disposizioni dell'art. 30. 
        7. Trascorsi novanta giorni dalla  comunicazione  di  cui  al
comma 4 l'amministrazione colloca in disponibilita' il personale  che
non sia possibile impiegare diversamente nell'ambito  della  medesima
amministrazione e che  non  possa  essere  ricollocato  presso  altre
amministrazioni nell'ambito regionale, ovvero  che  non  abbia  preso
servizio presso la diversa amministrazione  secondo  gli  accordi  di
mobilita'. 
        8. Dalla  data  di  collocamento  in  disponibilita'  restano
sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto  di  lavoro  e  il
lavoratore ha diritto ad un'indennita' pari all'80  per  cento  dello
stipendio e dell'indennita' integrativa speciale, con  esclusione  di
qualsiasi altro emolumento retributivo comunque  denominato,  per  la
durata  massima  di  ventiquattro  mesi.  I  periodi   di   godimento
dell'indennita' sono riconosciuti ai fini  della  determinazione  dei
requisiti di accesso alla pensione e della misura  della  stessa.  E'
riconosciuto altresi' il diritto all'assegno per il nucleo  familiare
di cui all'art. 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito,
con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153». 
    Pertanto, quanto previsto ai commi 7 ed 8 dell'art. 2  in  ordine
alla possibilita' di  regolare  la  copertura  dei  posti  risultanti
vacanti all'esito della nuova dotazione organica in sede  di  accordo
di  mobilita',  non  trova  riscontro  nell'art.   33   del   decreto
legislativo  n.  165   del   2001,   che   costituisce   disposizione
riconducibile alla materia dell'ordinamento civile  di  cui  all'art.
117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. 
    Anche  il  comma  8  tratta  congiuntamente  la  gestione   delle
eccedenze  e  delle  carenze  di  personale   dell'istituto   oggetto
dell'intervento  normativo,  prevedendo  il   ricorso   al   distacco
disciplinato dall'art. 62 del CCRL, secondo cui l'Amministrazione  di
appartenenza  del  personale  in  distacco  resta  responsabile   del
trattamento economico e normativo a favore del lavoratore.  Anche  in
tal caso la legge  regionale  -  laddove  prevede  uno  strumento  di
gestione dell'eccedenza di personale, i cui oneri sono posti a carico
dell'Amministrazione che presenta situazioni  di  eccedenza  -  detta
disposizioni ulteriori rispetto alla legge statale, che  non  trovano
riscontro nell'art. 33 del citato  decreto  legislativo  n.  165  del
2001. 
    Il contrasto con tale disposizione emerge sol  che  si  consideri
che la norma interposta non contempla l'eventualita' del distacco, ma
prevede la risoluzione del rapporto  (1)  ,  nel  caso  sussistano  i
presupposti per il pensionamento, ovvero il ricorso  a  procedure  di
mobilita'. 
    L'art. 33, comma 5 del decreto legislativo n. 165/2001, come gia'
evidenziato,   costituisce   norma   riconducibile    alla    materia
dell'ordinamento civile di cui all'art. 117, secondo  comma,  lettera
l), della Costituzione. 
    Da cio' l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 7 e 8,
della legge in esame. 
Illegittimita' costituzionale dell'art. 8 per  contrasto  con  l'art.
81, terzo comma, della Costituzione. 
    L'art. 8 prevede modifiche alla legge regionale 8 maggio 2018, n.
8, disponendo testualmente 
        «1. Al comma 1 dell'art. 79 della legge  regionale  8  maggio
2018, n. 8, le parole "31 dicembre 2018" sono sostituite dalle parole
"31 dicembre 2019".». 
    A seguito di tale modifica, la citata legge regionale  n.  8/2018
prevede ora che: 
        «Art. 79. Ripiano  del  deficit  finanziario  degli  istituti
autonomi case popolari. 
        1. L'art. 5 della legge regionale 9 agosto  2002,  n.  11  e'
sostituito dal seguente: 
          «Art. 5. Ripiano del  deficit  finanziario  degli  istituti
autonomi case popolari 
          1. Al  fine  di  provvedere  al  ripianamento  delle  gravi
situazioni debitorie  manifestatesi  antecedentemente  alla  data  di
entrata in vigore della  presente  legge  pregiudicanti  il  regolare
funzionamento degli Istituti autonomi case  popolari  della  Sicilia,
gli Istituti sono autorizzati a utilizzare, in  via  straordinaria  e
non oltre la data  del  31  dicembre  2019,  a  titolo  esclusivo  di
anticipazione di liquidita', le somme  derivanti  dalle  economie  di
finanziamenti e cessione di cui alla legge 24 dicembre 1993,  n.  560
non vincolate da programmazione, nonche' i  proventi  delle  cessioni
degli immobili non residenziali, nella  misura  massima  dell'80  per
cento, a condizione che tali debiti maturati  risultino  iscritti  in
bilancio. 
          2. L'utilizzazione delle predette  risorse  e'  autorizzata
con decreto dell'Assessore  regionale  per  le  infrastrutture  e  la
mobilita', previa delibera di Giunta regionale, che dispone l'obbligo
da parte dell'ente beneficiario al reintegro della somma  autorizzata
a titolo di anticipazione di liquidita', secondo il piano di  rientro
nella stessa  contenuto,  mediante  l'utilizzo  dei  fondi  di  parte
corrente."». 
    Al riguardo, si rileva che la richiamata  disposizione  contenuta
nell'articolo in commento, prorogando al 31 dicembre 2019 il  termine
di applicabilita' di una norma che consente l'utilizzo da parte degli
Istituti autonomi case popolari della Sicilia «a titolo esclusivo  di
anticipazione di liquidita'», delle somme derivanti  «dalle  economie
di finanziamenti e cessione di cui alla legge 24  dicembre  1993,  n.
560», ancorche' non vincolate da programmazione e  a  condizione  che
tali debiti maturati risultino  iscritti  in  bilancio,  nonche'  con
obbligo di reintegro,  ai  fini  del  ripianamento  delle  situazioni
debitorie degli stessi Istituti, non risulta in linea  con  le  norme
introdotte dall'art. 3, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 2014,  n.
47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80,
recante  «Misure  per  l'alienazione  del   patrimonio   residenziale
pubblico». 
    Infatti, detto comma 1, alla lettera a), nel modificare l'art. 13
del  decreto-legge  25  giugno  2008,   n.   112,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha previsto che «Le
risorse  derivanti  dalle   alienazioni   devono   essere   destinate
esclusivamente a un programma straordinario  di  realizzazione  o  di
acquisto di nuovi alloggi di  edilizia  residenziale  pubblica  e  di
manutenzione straordinaria del patrimonio  esistente».  Si  evidenzia
che tale disposizione reca, nel primo periodo, l'espresso riferimento
all'art. 117, terzo comma,  della  Costituzione  e  la  finalita'  di
assicurare il coordinamento della finanza pubblica. 
    In proposito, occorre ricordare che nella  sentenza  n.  273  del
2016, la Corte, richiamando la precedente sentenza n. 38 del 2016, ha
avuto modo di ribadire che 
        «... l'art. 3, comma 1, lettera a), del decreto-legge  n.  47
del 2014, nell'imporre la destinazione esclusiva dei  proventi  delle
alienazioni degli alloggi di  edilizia  residenziale  pubblica  a  un
programma straordinario di  realizzazione  o  di  acquisto  di  nuovi
alloggi e di manutenzione  straordinaria  del  patrimonio  esistente,
esprime una scelta di politica nazionale di  non  depauperamento  del
patrimonio di edilizia residenziale pubblica, diretta a  fronteggiare
l'emergenza abitativa e, al tempo stesso, la crisi del mercato  delle
costruzioni. Si tratta di una scelta  che,  nell'ambito  di  un  piu'
ampio  disegno  di  politica  economica   nazionale   delineato   dal
legislatore, mira a finanziare il programma straordinario di edilizia
residenziale attraverso piani di alienazioni che  privilegiano,  come
dispone lo stesso art. 3, comma 1, lettera a),  la  «possibilita'  di
favorire la dismissione degli alloggi nei condomini misti  nei  quali
la proprieta' pubblica e' inferiore al 50  per  cento  oltre  che  in
quelli  inseriti  in  situazioni  abitative   estranee   all'edilizia
residenziale pubblica, al fine di  conseguire  una  razionalizzazione
del patrimonio e una riduzione degli oneri  a  carico  della  finanza
locale», quindi al fine di conseguire un altro obiettivo generale  di
finanza pubblica». 
    Il  vincolo  di  destinazione  esclusiva  stabilito  dalla  norma
statale va pertanto considerato come l'espressione  di  un  principio
fondamentale nella materia «coordinamento  della  finanza  pubblica»,
con il quale il legislatore statale  ha  inteso  fissare  una  regola
generale di uso uniforme delle risorse disponibili provenienti  dalle
alienazioni immobiliari, sicche' una norma  regionale  «che  consente
agli  enti  di  gestione  di  destinare  parte  dei  proventi   delle
alienazioni degli alloggi di  edilizia  residenziale  pubblica  a  un
diverso fine contrasta  con  il  principio  dettato  dalla  norma  di
riferimento e invade, in questo modo, la competenza concorrente dello
Stato nella materia «coordinamento della finanza pubblica»,  violando
l'art. 117, terzo comma della Costituzione  (sentenza  38  del  2016»
(sentenza 273 del 2016). 
    Mediante l'art. 8 della legge regionale n. 17 del  2019,  dunque,
non solo si  reiterano  disposizioni  censurabili,  sotto  i  profili
innanzi evidenziati, che incidono negativamente sulla  determinazione
dell'offerta di alloggi destinati ai ceti  meno  abbienti,  ma  viene
anche retroattivamente «riaperto» un termine gia' scaduto. 
    In merito la Corte ha precisato che 
        «L'atto legislativo, che protrae nel tempo l'efficacia di una
legge anteriore, e' una nuova legge non soltanto con  riferimento  al
termine  ma  anche  al  contenuto  normativo,  pure  se  identico  al
contenuto della legge precedente, sostanzialmente da esso  richiamato
per relationem... Dal principio che la legge di proroga ha  contenuto
ed effetti autonomi discende inoltre,  che  dall'emanazione  di  ogni
legge di proroga deriva un  potere  autonomo  di  impugnazione...  Se
pertanto  una  legge  temporanea,  pur   essendo   costituzionalmente
illegittima, non fu, a suo tempo, impugnata  per  qualsiasi  ragione,
cio' non preclude il potere del Commissario dello Stato» [e ora, come
noto, dopo la sentenza della Corte costituzionale n.  255  del  2014,
del Governo] «di impugnare le norme delle quali la  successiva  legge
ha protratta nel tempo l'efficacia.  Il  vizio  di  costituzionalita'
della legge prorogata si  ripresenta,  autonomamente,  nel  contenuto
normativo della legge di proroga... E'  infine  da  rilevare  che  il
termine del 31 dicembre 1957,  stabilito  nell'articolo  primo  della
legge prorogata 9 aprile 1954, n. 10, era  gia'  scaduto,  quando  la
legge di proroga, che protraeva detto  termine  al  30  giugno  1964,
venne pubblicata (Gazzetta Ufficiale per la Regione Siciliana  n.  30
del 14 maggio 1958). Il che fece cessare la continuita' nel tempo  di
alcune norme della legge prorogata, accentuando vieppiu'  l'autonomia
del nuovo provvedimento legislativo.» (sentenza n. 60 del 1958). 
    E'   noto   che   per   costante    giurisprudenza    «l'istituto
dell'acquiescenza non e' applicabile  nel  giudizio  di  legittimita'
costituzionale in via principale» (sentenze n. 171 del 2018;  n.  169
del 2017, n. 231 del 2016, n. 215 e n. 124 del 2015, n. 139 del 2013,
n. 71 del 2012 e n. 187 del 2011). 
    In ragione delle considerazioni che precedono, la  norma  di  cui
all'art. 8 contrastando con  il  parametro  interposto  rappresentato
dall'art. 3, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 47  del  2014,
eccede le competenze attribuite alla Regione dagli articoli 14  e  17
dello Statuto di autonomia e viola un  principio  fondamentale  nella
materia,  di  legislazione  concorrente,  del  «coordinamento   della
finanza  pubblica»,  di  cui  all'art.  117,   terzo   comma,   della
Costituzione. 
    Al riguardo, e' necessario evidenziare che la  giurisprudenza  e'
costante nell'affermare che anche gli enti ad autonomia differenziata
sono soggetti ai  vincoli  legislativi  derivanti  dal  rispetto  dei
principi di coordinamento della finanza pubblica (cfr. sentenza n. 77
del 2015 e le pronunce ivi richiamate, n. 139 del  2012,  n.  30  del
2012 e n. 229 del 2011). 
    Infine, con riferimento agli effetti finanziari  derivanti  dalle
disposizioni di cui  alla  legge  in  esame,  si  evidenzia  che  gli
articoli 2, 5, 12, 22, 25  e  27  riportano  clausole  di  invarianza
finanziaria   volte   a   specificare   che   dall'attuazione   delle
disposizioni ivi recate non  derivano  nuovi  oneri  a  carico  della
finanza pubblica e  che  tutte  le  strutture  regionali  interessate
provvedono ai relativi adempimenti nell'ambito delle  risorse  umane,
finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. 
    Al riguardo,  si  rileva  che  la  legge  in  esame  non  risulta
corredata della relazione tecnica prevista dall'art. 17  della  legge
n. 196 del 2009 che indichi nel dettaglio le ragioni  dell'invarianza
degli effetti legislativi  sui  saldi  della  finanza  regionale.  In
particolare, il comma 6-bis del citato  art.  17  impone -  anche  al
legislatore regionale - di corredare dette clausole di una  relazione
tecnica che riporti la  valutazione  degli  effetti,  i  dati  e  gli
elementi idonei a suffragare l'ipotesi di  invarianza,  l'indicazione
dell'entita' delle  risorse  gia'  esistenti  nel  bilancio  e  delle
relative unita' gestionali, utilizzabili per  le  finalita'  indicate
dalle   disposizioni    medesime    anche    attraverso    la    loro
riprogrammazione. 
    La relazione  tecnica  assume,  pertanto,  non  solo  un  rilievo
illustrativo, bensi' dimostrativo del rispetto, da  parte  del  nuovo
provvedimento  legislativo,  del   parametro   costituzionale   sulla
copertura finanziaria degli oneri. Ne consegue che la declaratoria di
assenza di onere non vale di per se' a rendere dimostrato il rispetto
dell'obbligo di copertura. 
    L'attribuzione e lo svolgimento di nuovi compiti  a  strutture  o
uffici gia' esistenti possono infatti  comportare  nuovi  o  maggiori
oneri finanziari conseguenti. E' evidente che la previsione  in  tale
evenienza  di  una  clausola  di  invarianza  finanziaria  priva   di
indicazioni circa, ad esempio, l'organico interessato all'adempimento
delle  nuove  funzioni  assegnate  o  la  disponibilita'  dei   mezzi
necessari per il loro svolgimento, rischia di risolversi in una  mera
«clausola di stile» (sentenza n. 18 del 2013). 
    Tali clausole, pertanto, garantiscono la neutralita'  finanziaria
delle  disposizioni  a  condizione  che  esse   siano   in   concreto
praticabili.  Ove,   infatti,   i   nuovi   compiti   affidati   alle
Amministrazioni regionali non possano, in concreto, essere svolti  ad
invarianza di risorse, la norma istitutiva comporterebbe la creazione
di oneri occulti, in contrasto con i  principi  costituzionali  della
copertura degli oneri con possibili effetti anche sull'equilibrio del
bilancio. 
    Per quanto sopra, in assenza di elementi idonei a  suffragare  le
suddette clausole di invarianza finanziaria, si ritiene che le citate
disposizioni violino l'art. 81, terzo comma, della  Costituzione  che
trova specifica declinazione nel  richiamato  art.  17  della  citata
legge di contabilita' e finanza pubblica n. 196 del 2009. 
Illegittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 1 e 2 per contrasto
con all'art. 4, commi 6, 7, 8, 9 e 9-bis del decreto-legge n. 101 del
2013 (norma interposta) e degli articoli 97 e 117 della Costituzione. 
    L'art. 13, commi 1 e 2  prevedono  provvedimenti  in  favore  dei
lavoratori LSU Almaviva. 
    La norma, nel suo complesso, prevede: 
        «1. All'art. 20 della legge regionale 9  maggio  2017,  n.  8
dopo le parole "31 dicembre 2013 " sono aggiunte le parole ", ovvero,
in alternativa, si applica l'art. 30 della legge regionale 28 gennaio
2014, n. 5 ". 
        2. Il comma 1 dell'art. 20 della legge regionale  n.  8/2017,
nei limiti numerici ivi previsti, trova applicazione anche in  favore
dei lavoratori gia' destinatari del  regime  transitorio  dei  lavori
socialmente utili, assunti presso la Societa' Almaviva Contact S.p.a.
e transitati 3113 Societa' Exprivia Projects S.r.l.». 
    Nel prevedere l'inserimento, all'art. 20 della legge regionale  9
maggio 2017, n. 8, dopo le parole «31 dicembre 2013», della locuzione
«, ovvero in alternativa, si applica l'art. 30 della legge  regionale
28  gennaio  2014,  n.  5»,  la  disposizione  impugnata   stabilisce
l'applicazione, ai lavoratori gia' destinatari del regime transitorio
dei lavori socialmente utili, assunti  presso  la  societa'  Almaviva
Contact S.p.a., nel numero residuo di 149 soggetti, della  disciplina
di cui  all'art.  30  della  legge  regionale  n.  5  del  2014,  «in
alternativa» ai benefici previsti  dalla  normativa  vigente  per  la
stabilizzazione  dei   lavoratori   gia'   destinatari   del   regime
transitorio dei lavori socialmente utili, in caso di crisi aziendali,
di area o di settore che non consentono il mantenimento  dei  livelli
occupazionali di lavoratori stabilizzati, in forza delle disposizioni
vigenti in materia  di  lavori  socialmente  utili,  presso  soggetti
privati, nei limiti delle risorse assegnate al  fondo  unico  per  il
precariato, istituito con legge regionale n. 17  del  2014  (art.  2,
comma 5, della legge regionale n. 4 del 2006,  richiamato  nel  testo
dell'art. 20 della legge regionale n. 8 del 2017). 
    A sua volta, il citato art. 30 della legge  regionale  n.  5  del
2014 recepisce la disciplina statale di cui all'art. 4, commi  6,  7,
8, 9 e 9-bis (quest'ultimo comma abrogato dall'art. 20, comma 5,  del
decreto legislativo n. 75 del 2017)  del  decreto-legge  n.  101  del
2013. 
    Tale decreto  ha  dettato  uno  speciale  regime  transitorio  in
materia di stabilizzazione del  personale  precario  nelle  pubbliche
amministrazioni, prevedendo, con riferimento specifico ai  lavoratori
di cui all'art. 2, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2000,
n. 81 (LSU) e di cui all'art. 3, comma 1, del decreto  legislativo  7
agosto 1997,  n.  280  (LPU),  la  predisposizione,  da  parte  delle
regioni, di un elenco in  cui  inserire  i  lavoratori  suddetti,  da
utilizzarsi per  le  assunzioni  a  tempo  indeterminato  negli  enti
territoriali  che  hanno  vuoti  in  organico,   relativamente   alle
qualifiche di cui all'art. 16 della legge  n.  56  del  1987  (ovvero
livelli retributivo-funzionali per i quali non e' richiesto il titolo
di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo;cfr.  art.  4,
comma 8, decreto-legge n. 101/2013). 
    Come noto, il regime transitorio, inizialmente previsto  fino  al
31 dicembre 2016, e' stato successivamente prorogato al  31  dicembre
2018 dall'art. 1, comma 426, della  legge  n.  190  del  2014  e  poi
confermato dall'art. 20, comma 14, del decreto legislativo n. 75  dei
2017 che, a  sua  volta,  ha  posticipato  al  31  dicembre  2020  le
assunzioni a tempo indeterminato degli LSU e dei LPU (cfr.  Circolare
del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione  n.
3/2017). 
    Si ricorda inoltre, che la legge di bilancio per il  2019  (legge
n. 145 del 2018), all'art. 1, commi 446-449, ha dettato condizioni di
carattere ordinamentale e finanziario  per  procedere,  nel  triennio
2019-2021, all'assunzione a tempo indeterminato degli LSU. 
    Alla luce di cio', si ritiene che la  disposizione  si  ponga  in
contrasto con gli articoli 97 e 117 della Costituzione attraverso  la
violazione della normativa interposta di cui al decreto-legge 101 del
2013. 
    Sembra infatti che la norma preveda la possibilita' di  estendere
il regime delle stabilizzazioni di cui al citato art. 30  della legge
regionale n. 5 del 2014,  che  recepisce  la  normativa  statale,  ex
decreto-legge n. 101 del 2013, anche agli LSU/LPU  che  abbiano  gia'
beneficiato di assunzione presso soggetti privati e  che  siano  gia'
destinatari dei benefici previsti  dalla  normativa  vigente  per  la
stabilizzazione dei lavoratori destinatari del regime transitorio dei
lavori socialmente utili in caso di crisi aziendali (art. 2, comma 5,
della legge regionale n. 4 del 2006, richiamato nel  testo  dell'art.
20 della legge regionale n. 8 del 2017). 
    Cio'  appare  invero  confermato  dai  chiarimenti  forniti   dal
Dipartimento della Funzione pubblica con Circolare  n.  5  del  2013,
dove al paragrafo 6  -  pag.  19  -  sottolinea  che  il  regime  del
reclutamento speciale transitorio di cui  all'art.  4,  comma  8  del
decreto-legge n. 101/2013 e' applicabile ai soggetti che siano ancora
LSU/LPU o che nel corso degli anni hanno  stipulato  un  rapporto  di
lavoro con l'amministrazione. 
    Evidenzia  inoltre  la  Circolare   che,   per   tali   soggetti,
l'anzianita'  richiesta  dal  comma  6   dell'art.   4   del   citato
decreto-legge si riferisce all'utilizzo, con qualsiasi  tipologia  di
rapporto, presso  l'Amministrazione  pubblica.  I  predetti  soggetti
vengono  poi  inseriti  nell'elenco  regionale  predisposto   secondo
criteri che contemperano l'anzianita' anagrafica,  di  servizio  e  i
carichi familiari (comma 8 dell'art.  4,  decreto-legge  n.  101  del
2013). 
    In  ragione  di  quanto  sopra  esposto,  non   appaiono   dunque
riconducibili nell'ambito soggettivo di applicazione del regime delle
stabilizzazioni previsto dal decreto-legge n. 101 del 2013, di cui la
legge regionale n. 5 del 2014 costituisce applicazione, i  lavoratori
socialmente utili o di pubblica  utilita'  gia'  stabilizzati  presso
soggetti privati, fattispecie questa  che  invece  ricorre  nel  caso
dell'articolo in esame, dovendosi altresi' ritenere  irrilevanti,  ai
fini  dell'applicazione  del   regime   delle   stabilizzazioni,   le
successive vicende organizzative e gestionali della societa'. 
    Ne  consegue  che  l'estensione  generalizzata  del   regime   di
stabilizzazione ex legge regionale n. 5 del 2014, ai lavoratori  gia'
destinatari del regime  transitorio  dei  lavori  socialmente  utili,
assunti presso  la  societa'  Almaviva  Contact  S.p.a.,  nel  numero
residuo di 149 soggetti, contrasta con  le  disposizioni  di  cui  al
citato decreto-legge n. 101/2013, come interpretato dal  Dipartimento
della funzione pubblica e, dunque, con  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), della Costituzione che riserva  alla  competenza  statale
esclusiva la materia dell'ordinamento civile. 
    Si ritiene, inoltre, che le  disposizioni  impugnate  contrastino
con il principio del pubblico concorso sancito dall'art.  97,  quarto
comma, della Costituzione, quale canale  di  accesso  ordinario  agli
impieghi nelle pubbliche amministrazioni, da ultimo ribadito all'art.
1, comma 446, della legge n.  145  del  2018,  ove  si  subordina  la
stabilizzazione degli LSU, da inquadrare  nei  profili  professionali
delle aree o categorie per i quali e' richiesto il titolo  di  studio
superiore a quello della  scuola  dell'obbligo,  all'espletamento  di
procedure concorsuali riservate,  per  titoli  ed  esami,  nonche'  a
procedure di selezioni riservate, mediante prova  di  idoneita',  nei
casi in cui tale titolo non sia richiesto. 
    La disposizione di cui al secondo comma, stabilendo che il  comma
i dell'art. 20 della legge  regionale  n.  8  del  2017,  nei  limiti
numerici  ivi  previsti,  trova  applicazione  anche  in  favore  dei
lavoratori  gia'  destinatari  del  regime  transitorio  dei   lavori
socialmente utili, assunti presso la Societa' Almaviva Contact S.p.a.
e transitati alla  Societa'  Exprivia  Projects  S.r.l.,  estende  ai
predetti lavoratori sia i benefici previsti dalla  normativa  vigente
in caso di crisi aziendali, di area o di settore che  non  consentono
il mantenimento dei livelli occupazionali di lavoratori  stabilizzati
presso soggetti privati, nei limiti delle risorse assegnate al  fondo
unico per il precariato (art. 2, comma 5, della legge regionale n.  4
del 2006) sia, in alternativa, il regime di  stabilizzazione  di  cui
all'art. 30 della legge regionale n. 5 del 2014. 
    Al riguardo si richiamano le considerazioni svolte in ordine alla
eccepita incostituzionalita' del primo comma. 
Illegittimita' costituzionale dell'art. 15, commi 3 e 4 per contrasto
con gli articoli 4, comma 8, del decreto-legge n. 101 del 2013 e  20,
comma 14, del decreto legislativo n. 75 del 2017 (norme interposte) e
dell'art. 117 secondo comma, lettera l), della Costituzione. 
    Le  disposizioni  di  cui  all'art.  15,  commi  3  e  4   recano
provvedimenti  a  favore  dei  lavoratori  utilizzati  in   attivita'
socialmente utili. 
    L'art. 15 prevede che 
        «1. L'Assessorato regionale della famiglia,  delle  politiche
sociali e del lavoro, Dipartimento  regionale  del  lavoro,  provvede
all'assegnazione dei soggetti inseriti nell'elenco di cui al comma  1
dell'art. 30 della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5 e utilizzati
in attivita' socialmente utili,  anche  tramite  convenzione,  presso
enti pubblici diversi dall'amministrazione regionale, negli enti  nei
quali prestano l'attivita' lavorativa alla data di entrata in  vigore
della presente legge. 
        2. L'assegnazione di cui al comma 1 e' richiesta dal soggetto
entro centottanta giorni  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge. L'assegnazione puo'  essere  richiesta  anche  presso
un'amministrazione diversa da quella  presso  la  quale  e'  prestata
l'attivita'  previa  verifica  della  disponibilita'  dell'ente.   La
regione o i propri enti sono esclusi dai processi di assegnazione  di
cui al presente articolo 
        3. Al comma 10 dell'art. 26 della legge  regionale  8  maggio
2018, n. 8 e successive modifiche ed integrazioni, le parole "e degli
enti sottoposti a  tutela  e  vigilanza  della  Regione  con  risorse
proprie" sono sostituite dalle parole "nonche' del personale inserito
nell'elenco di cui al comma 1 dell'art. 30 della legge  regionale  28
gennaio 2014, n. 5 degli enti sottoposti a tutela e  vigilanza  della
Regione e delle camere di commercio mediante l'utilizzo delle risorse
assegnate dalla normativa vigente". 
        4. Dall'applicazione del comma 3 non possono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico del bilancio della Regione». 
    Il terzo comma dell'art. 15 prevede, con riferimento al comma  10
dell'art.  26  della  legge  regionale  8  maggio  2018,  n.  8,   la
sostituzione delle  parole  «e  degli  enti  sottoposti  a  tutela  e
vigilanza della Regione con risorse proprie» con le  parole  «nonche'
del personale inserito nell'elenco di cui al  comma  1  dell'art.  30
della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5 degli enti  sottoposti  a
tutela e vigilanza della Regione e delle camere di commercio mediante
l'utilizzo  delle  risorse  assegnate   dalla   normativa   vigente»,
stabilendosi   altresi',   al   successivo    comma    quarto,    che
dall'applicazione del  terzo  comma  non  possono  derivare  nuovi  o
maggiori oneri a carico del bilancio della Regione. 
    Si  ritiene  che  la  modifica   legislativa,   laddove   prevede
l'applicazione al personale inserito negli elenchi  di  cui  comma  1
dell'art. 30 della legge regionale n. 5  del  2014  (ovvero  ai  c.d.
lavoratori LSU e LPU), degli enti sopposti a tutela e vigilanza della
Regione e delle camere di commercio  mediante  le  risorse  assegnate
dalla normativa vigente, del regime di cui al comma 6 della  medesima
legge n. 8 del 2018  (che  a  sua  volta  recepisce  quanto  disposto
dall'art. 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017  in
materia di stabilizzazione dei lavoratori a tempo determinato  o  con
contratto di lavoro  flessibile),  effettua  un'estensione  impropria
dell'ambito soggettivo di applicazione del predetto art. 20, commi  1
e 2, ai lavoratori socialmente utili  o  impiegati  in  attivita'  di
pubblica  utilita',  per  i  quali  e'  prevista  invece  un'apposita
procedura di stabilizzazione. 
    L'illegittimita'   costituzionale   della   disposizione   emerge
dall'esame congiunto degli articoli 4, comma 8, del decreto-legge  n.
101 del 2013 e 20, comma 14, del decreto legislativo n. 75 del  2017.
Alla luce di quanto rappresentato, la norma  appare  suscettibile  di
porsi in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera  l),  della
Costituzione che riserva alla competenza statale esclusiva la materia
dell'ordinamento civile. 
Illegittimita' costituzionale dell'art. 22 per contrasto con l'art. 2
della legge n. 740 del 1970 (norma interposta) e dell'art. 117  commi
secondo, lettera l) e terzo, nonche' degli articoli 81 e  117,  terzo
comma, della Costituzione. 
    L'art. 22  della  legge  regionale  impugnata  prevede  modifiche
all'art. 75 della legge regionale 8 maggio 2018, n, 8. 
    La norma dispone quanto segue: 
        «1. I commi 2, 3 e 4 dell'art. 75  della  legge  regionale  8
maggio 2018, n. 8 sono sostituiti dal seguente: 
          "2. Al fine di  garantire  la  continuita'  dell'assistenza
sanitaria della popolazione detenuta, entro trenta giorni dalla  data
di entrata in vigore della presente legge, l'Assessore regionale  per
la salute adotta, ai sensi  del  comma  3  dell'art.  2  del  decreto
legislativo 15 dicembre 2015, n. 222, previo parere della Commissione
'Salute,  servizi  sociali  e  sanitari'   dell'Assemblea   regionale
siciliana,  apposite  linee  guida,  ivi  compreso   il   regime   di
incompatibilita', per la disciplina dei rapporti di lavoro instaurati
ai sensi della  legge  9  ottobre  1970,  n.  740  con  il  personale
sanitario operante presso gli istituti  penitenziari,  che  prevedano
l'attribuzione di incarichi a tempo indeterminato,  laddove  previsto
dagli accordi collettivi nazionali di categoria, per lo stesso numero
di ore corrispondente a quello oggetto della  precedente  convenzione
intrattenuta con l'amministrazione penitenziaria di riferimento,  nel
rispetto delle disposizioni previste dai vigenti  accordi  collettivi
nazionali.". 
        2. All'attuazione del presente articolo si  provvede  con  le
risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili  a  legislazione
vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica». 
    La disposizione, sostituisce i commi 2, 3 e 4, dell'art. 75 della
legge  regionale  n.   8   del   2018,   riguardanti   procedure   di
stabilizzazione di personale impiegato  nella  sanita'  penitenziaria
dell'ambito territoriale regionale. 
    Nel contempo, prevede che l'assessore  regionale  per  la  salute
adotti  linee  guida  per  la  disciplina  dei  rapporti  di   lavoro
instaurati ai sensi della legge n. 740  del  1970  con  il  personale
sanitario operante presso gli istituti penitenziari. 
    Le linee guida dovrebbero disciplinare tali  rapporti  di  lavoro
con  particolare  riguardo  all'attribuzione  di  incarichi  a  tempo
indeterminato e al regime di incompatibilita'. 
    La legge n. 740 del 1970 disciplina i «rapporti di incarico»  per
i quali, siano essi definitivi o provvisori. L'art. 2 della  predetta
legge stabilisce la non  applicabilita'  delle  norme  relative  alla
incompatibilita' o al cumulo di impieghi, previste per  il  personale
di ruolo, nonche' delle incompatibilita' e limitazioni  previste  dai
contratti e dalle convenzioni con il Servizio sanitario nazionale. 
    Si ritiene che l'art. 22, nel  prevedere,  mediante  linee  guida
dell'assessore  regionale,  la  disciplina  di  rapporti  di   lavoro
riconducibili alla legge n. 740 del 1970,  introducendo  altresi'  un
regime di incompatibilita', si ponga in contrasto con  le  previsioni
della legge n. 740 del 1970, con cio' configurandosi  una  violazione
dell'art. 117 della Costituzione che, al secondo comma,  lettera  l),
riconduce alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato la  materia
dell'ordinamento civile e quindi,  in  generale,  la  disciplina  dei
rapporti di lavoro. 
    Inoltre, le previsioni di cui all'art. 22 in  esame  costituendo,
sostanzialmente,  una  proroga  dei   contratti   gia'   oggetto   di
impugnativa (2) , comportano oneri non  compatibili  con  la  cornice
economico-finanziaria programmata nel Piano di rientro dal  disavanzo
sanitario   cui   la   Regione   Siciliana    e'    sottoposta,    e,
conseguentemente,  si  pongono  in  contrasto  con  l'art.  81  della
Costituzione nonche' con l'art. 117, comma 3, atteso che  le  vigenti
disposizioni in materia di  contenimento  della  spesa  di  personale
degli enti del Servizio  sanitario  nazionale  si  configurano  quali
principi di coordinamento della finanza pubblica. 

(1) L'art. 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno  2008,  n.  112,
    convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.  133
    prevede che «con decisione motivata con riferimento alle esigenze
    organizzative  e  ai  criteri  di  scelta   applicati   e   senza
    pregiudizio  per  la  funzionale  erogazione  dei   servizi,   le
    pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto
    legislativo 30 marzo 2001, n. 165,  e  successive  modificazioni,
    incluse le autorita' indipendenti,  possono,  a  decorrere  dalla
    maturazione  del  requisito  di   anzianita'   contributiva   per
    l'accesso al pensionamento, come rideterminato a decorrere dal l°
    gennaio 2012 dall'art. 24, commi 10 e  12,  del  decreto-legge  6
    dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge
    22 dicembre 2011, n. 214, risolvere il rapporto di  lavoro  e  il
    contratto individuale anche del personale  dirigenziale,  con  un
    preavviso di sei mesi e comunque non prima del raggiungimento  di
    un'eta' anagrafica che possa dare luogo a  riduzione  percentuale
    ai sensi del citato comma 10 dell'art. 24.  Le  disposizioni  del
    presente comma non si applicano al personale di magistratura,  ai
    professori universitari e ai responsabili di struttura  complessa
    del Servizio sanitario nazionale e si applicano,  non  prima  del
    raggiungimento del sessantacinquesimo anno di eta', ai  dirigenti
    medici e  del  ruolo  sanitario.  Le  medesime  disposizioni  del
    presente comma si applicano  altresi'  ai  soggetti  che  abbiano
    beneficiato dell'art. 3, comma 57, della legge 24 dicembre  2003,
    n. 350, e successive modificazioni». 

(2) Ci si riferisce alla legge regionale  n.  8/2018,  in  ordine  al
    quale il Consiglio dei ministri, con la  delibera  del  6  luglio
    2018   ha   disposto   l'impugnativa   dinanzi   codesta    Corte
    costituzionale: causa n. 44/2018 r.g.